Vedere le stesse cose cento volte per vederle come fosse la prima volta.
Tre giorni fa ho incontrato Toni a casa di amici, non ci si vedeva da tempo: racconta di una storia lunga, una vita complicata ed una attualità piena di incertezze. Quando accenna al fatto che da giovane facesse l’imbianchino mia moglie non si tiene, (e per una volta è giusto così!): lancia con noncuranza un ” Davide deve imbiancare la casa da sei mesi...” . La catastrofe precipita sulle mie spalle! Il giorno dopo alle 8 sto raccogliendo la pila di giornali dalkit dell’imbianchino professionista: il mio compito, farò il “bocia” tutto il giorno, è quello di proteggere i beni di casa, ognuno fasciato con un bel foglio quotidiano. Prendo il primo, la sindrome dell’inconcludente scatta immediata, provvidenziale: gli occhi sono chiamati da una foto a centro pagina, una Polaroid retta dalle mani del mio fotografo preferito. L’articolo su Luigi Ghirri (di Franco Basile su "La Nazione" di Domenica 23 Luglio) dovrà attendere fino a sera ma la citazione in grassetto di Elias Canetti resta in mente tutto il giorno: “vedere le stesse cose cento volte per vederle come fosse la prima”. Non so molto del poeta e mi metto a spippolare su Google in cerca della fonte e del contesto. Ovviamente non salta fuori nulla di quello che cerco: il primo risultato è una intervista ad Allegri (il mister!) fatta da Caressa, il resto è diviso a metà tra siti di citazioni e studi sulla...schizofrenia (un segnale?). Misteri di Google. Digito secco “Elias Canetti” e mi metto a leggere cose meravigliose ma nulla della citazione: è inventata oppure si conferma la funzione dei motori di ricerca, farti trovare quello che già sai. E non dirti nulla di quel che vorresti sapere.
Ma l’intuizione dello sguardo rimane intatta, ad ogni passo, se hai le antenne pronte: mentre lavoro tutto il giorno penso a quella frase, qualunque sia la sua origine. Penso ai corsi che tengo, agli allievi migliori e a quelli che proprio sembrano avere occhi chiusi: a volte sospetto si impari di più sullo sguardo fotografico osservando quello che “non si deve fare” piuttosto che nutrirsi degli esempi migliori. In realtà servono entrambe le cose ma quello che sta sopra tutto è il fare: lavorare alla ricerca di quello che ami e ti interessa, tralasciare quello che interessa agli altri, evitare la lista di “come fotografare per le riviste di viaggio, per il contest, per...”.
Non serve viaggiare con l’aereo, non serve cambiare tecnica, non serve...serve vedere con occhi nuovi come fosse la prima volta. Qualunque cosa tu guardi.
E per far questo devi fuggire la facile via del nuovo: perché la novità in quanto tale è un grosso inganno. Esiste solo il tuo personale sguardo, appiglio esclusivo alla concretezza.
La ripetizione del gesto, il tuo gesto, ha una sapienza in sé, come il giocatore di basket che prova il tiro libero mille volte al giorno, per tutta la sua carriera: spoglia l’azione di ogni superfluo, riduce all’essenziale, toglie imperfezioni. Si può fare solo se ripeti sempre la stessa cosa, se ne sei ossessionato, se ti confronti ogni giorno con quello del giorno prima. A nulla giova cambiare esercizio ogni mattina: collezione di opere non concluse, che non parlano. Sarai costretto ad ottenere attenzione “aggiungendo”: contrariamente a quello che fanno tutti i grandi artisti, invece che togliere sommerai acquisti, trucchi e copie di copie.
Fotografare è vedere l’essenziale e metterlo in forma.
Non si tratta di fare sempre la stessa cosa con la medesima macchina fotografica, identico “mood” di Lightroom: piuttosto importa avere una idea che guidi il tuo atteggiamento verso il mondo e quello che stai fotografando.
La scelta del soggetto, l’editing, la post-produzione, la pubblicazione vengono dopo: prima devi scoprire perché fotografi.
Fare un po’ di ecologia fotografica, se non sono convinto mi astengo e leggo un libro, il lavoro alla lunga migliora. Quello che facciamo ha sempre ripercussioni sulla realtà: se scatti a caso il mondo (almeno quella parte con la quale sei a contatto) peggiora. Siamo responsabili, nulla è indifferente.
Penso a questo mentre guardo Toni imbiancare la cucina, io aiuto: la grazia dell’imbianchino, un giorno perfetto.