"I giornali parlano di tutto, tranne che del giornaliero. Quello che succede veramente, quello che viviamo dov’è? Il banale, il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo descriverlo? Forse si tratta di fondare la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà cercando dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri."
(Georges Perec – L’infra-ordinario 1973)
Citazione della citazione di Perec dal post odierno di Sara Munari, arrivato proprio mentre sto per pubblicare questa fotografia: la faccio mia perchè è troppo calzante, non resisto.
In montagna, anche sul nostro Appennino a portata di wi-fi, il quotidiano è molto particolare. Non c'è nulla di ordinario, per scaldarsi si possono anche pigiare pulsanti vari, ma è troppo normale, economico, andare a legna (non vorrai mica usare quella pazzesca invenzione del pellet?!?). E la legna si prende con carriola e bambina nel marsupio.
Sto fotografando da tempo la vita ordinaria di persone che hanno scelto di stare in montagna, volendolo. Potrebbero scendere, stare più comodi e mettere la sveglia due ore dopo: in pianura tante cose son scontate, non serve telefonare allo spalatore per sapere se oggi riesce a raggiungerti.
Comincio dalle donne perchè su di loro spesso la pressione è più alta. All'uomo, come si sa, basta un bar aperto nel raggio di 15 chilometri.
Forse siamo noi fuori dall'ordinario: quelli che vivon d'estate con il giacchetto sotto l'aria fredda e l'inverno stiamo in casa in mutande.