Francesco Cito (intervista su NikonSchool "Sguardi")non ha in Italia la notorietà che si merita. Credo si possa definire un "cervello in fuga". Ha dovuto cominciare all'estero perchè qui nessuno se lo filava, poi quando è arrivato alle nostre redazioni, lavorava perché "è quello che pubblica su Life". Credo sia stato il primo reporter ad entrare in Afghanistan (qui un'altra bella intervista su FOTOUP) allo scoppio della guerra con la Russia, si fece 1200 chilometri a piedi con i mujahidin.
Quando stavo lavorando con Massimo Zarucco a Trento per UNPAESEINSCALA mi vedo salire in sala di posa questo bel tipo con due Nikon al collo, barba da esploratore (non per nulla il suo mito è sempre stato Walter Bonatti!) e giubbino multitasche, il vero prototipo del fotoreporter con la faccia da film. Si guarda intorno, chiede cosa stiamo combinando, io rispondo "da collega" (mi vergogno ancora a pensarci). Continuo a pensare dove ho già visto quest'uomo. Alla fine decide di farsi fotografare come gli altri e mentre si siede mi si accende il lampo: avevo appena ammirato su una rivista il suo splendido reportage sui matrimoni a Napoli (quello che gli ha fruttato un World Press Photo, non l'unico nella sua carriera!). Lo guardo e gli dico "ma... tu sei Cito?". Alla risposta affermativa chiamo Massimo e abbiamo passato una buona mezz'ora in chiacchiere e ritratti reciproci. Anni dopo lo incontrai a Spezia durante una sua serata organizzata da Mauro Fioravanti. In quell'occasione facemmo una bella chiacchierata accompagnandolo all'albergo, mi sembrava di parlare con la storia della fotografia. Scianna lo ha definito il miglior reporter italiano.
Nel libro di Trento non gli abbiamo dedicato una paginona intera perché ci eravamo imposti di trattare tutti allo stesso modo: lui avrebbe meritato più attenzione anche solo per il suo ritratto ma ci sembrava di far una concessione ad un mito, non volevamo essere di parte. Ne sono un po' pentito.
Mi ricordo che scattò qualcosa anche lui. Magari gli giro l'articolo e faccio richiesta di scambio con il libro che non gli ho mai mandato.