DAVIDE MARCESINI

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"Le immagini sono enigmi che si risolvono con il cuore"

Come scrive Guccini, parlando di "Luci a San Siro" di Vecchioni ad un vecchio Premio Tenco "maledizione, perché non l'ho scritta io?!?!". Mi riferisco al titolo del post, frase/concetto di Luigi Ghirri, non si sa se più bravo con le parole o con la macchina fotografica.

Quando scrissi l'introduzione a "Dalla Magra al Golfo dei poeti" non resistetti, usai questa frase come titolo. Perché volevo parlare di bellezza e fotografia: con timore, per il bando che ormai questa parola riceve da moltissimi  che si occupano di arti visive. Anni dopo la lettura di  "La Bellezza in fotografia - saggi in difesa dei valori tradizionali" di Robert Adams mi diede autorevole sostegno.

Ecco cosa scrivevo:

<<All'improvviso, con un sentimento di felicità, la scena si rivela proprio come la cercavi: la ri-conosci. La volevi così uscendo di casa: la luce, una forma, un dettaglio che, senza saperlo, stavi aspettando esattamente in quel modo. 

Detta così sembra un ostacolo alla possibilità di sorprendersi davanti all'inatteso, forzatura della realtà in funzione di imprecisate esigenze artistiche: vedo solo quello che so già. Eppure lo stupore di fronte alla vita è l'ingrediente principale per una buona fotografia, da coltivare come dote preziosa.

Il fatto è che in ogni immagini che ti chiama a posizionare il cavalletto,  c'è la scoperta della bellezza e ne siamo attratti proprio perché già dentro di noi: è un atto di amore innato verso la vita, condito dall'esperienza, dalla memoria di fatti, luoghi e persone incontrate. Che ognuno possieda un istinto primordiale alla bellezza fa sì che ci si possa meravigliare di qualcosa che in modo velato già conosciamo.

Quando nell'inquadratura gli elementi arrivano al cuore attraverso la capacità di percezione dello sguardo, allora la fotografia mette in contatto il mondo di fuori con quello dentro di te.

Avviene il ri-conoscimento, senso di compiutezza che appaga la nostra sete.

Siamo responsabili di educarci alla libertà di riconoscere il bello con tutto ciò che contiene di necessario e doloroso, come una ciminiera nel paesaggio.

E' un contributo contro l'assuefazione al livellamento verso il facile, in ogni campo.

Questo lavoro (mi riferivo al libro che stavo introducendo) fa parte dell'esercizio che compio più intensamente che posso, mai abbastanza>>.