Si fotografa in silenzio, da soli.
Si fotografa da soli, in silenzio: penso alle mie contraddizioni mentre preparo la pubblicazione settimanale di una pagina di “Dalla Magra al Golfo dei Poeti”. Ho imparato a stare in equilibrio tra le mie convinzioni e la necessità di trasmetterle ad un gruppo di fotografi in mezzo alla folla urlante. “Vedo gente, faccio corsi” come dice il Guru/filosofo Paolo Baccolo. Allora provo a isolarli inventando esercizi tipo “vietato parlare per un’ora!”. Improponibile, eppur funziona. Funziona anche con i ragazzetti d'inverno nel parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano: succede che a dodici anni ti chiedano di uscire al buio nella neve per aspettare l’alba in silenzio. Io, la sera prima, ho solo raccontato l’emozione di quando ti capita, e aggiungo che a volte non fotografi o quasi, non incontri quello che aspetti, ma che vivere prevale sulla fotografia, va bene così.
Questo è il testo che accompagna l’immagine di pagina 58, il borgo delle Grazie di Portovenere, parente povero e bellissimo della “capitale” del Golfo dei Poeti.
Mi aggiro per il paese d' autunno, le barche sciabordano per far sentire il silenzio. Il lampione non illumina nessuno salvo il fotografo, l'albero esce dal tavolato messo dal comune: c'è l'eco dei passi estivi della sagra, quando tutto sembra facile.
Vien voglia di tornare alle luci di fronte, quelle della città. Ma da qui -ci vuole sforzo a restare- si va ancor più lontano: un nido di pensieri spinge a partire, io seduto sulla panchina umida.
Non sempre si va nella direzione giusta, ma non se ne può fare a meno, si vive.